mercoledì 9 dicembre 2009

Rassegne Stampa - Il bene e il male quotidiano


Mi è capitato quasi per caso di leggere il buongiorno di Massimo Gramellini (bravissimo giornalista) sulle recenti dichiarazioni di Papa Ratzinger sul 'male che fa male rappresentato dai media'. L'articolo s'intitola 'Il bene difficile' e come è tradizione del giornalista ci riporta ai problemi di fondo delle questioni da risolvere: ovvero che più che lamentarci, noi giornalisti e 'loro' i lettori (o gli spettatori), del male in sè e di arrovellarci se sia più o meno giusto 'rappresentarlo' per quello che effettivamente è, dovremmo semmai porci tutti la domanda fondamentale: quali sono le cause che lo scatenano? Le suggestioni che l'articolo propone sono due: una per il giornalista richiamato al suo dovere di 'scavare' nelle possibili ragioni sociali, politiche, economiche o più semplicemente 'culturali' del o di un male.

La chiave di lettura di Gramellini, come molte altre volte, si è rivelata ai miei occhi di lettore (e di aspirante giornalista) la più evoluta rispetto al piattume generale e generalizzato di molte altre. Scorrendo i giornali mi sono imbattuto nelle più svariate: da quelle imbarazzanti, come quella del direttore del TG1 che ha letteralmente strumentalizzato le parole del Santo Padre per giustificare le sue recenti scelte editoriali (e censorie), a quelle rimandanti ad un non meglio precisato 'understatement' politically correct, passando poi per quelle più appassionate come quella di Lucia Annunziata che, sebbene in parte condivisibile e deontologicamente impeccabili, trascurano il dato di fondo evidenziato da Gramellini: far notizia per far 'riflettere' SULLA notizia. Il male non è 'necessario' in sè, come anche il bene non è 'assoluto' in sè. Almeno il giornalista, il buon giornalista non deve dare giudizi morali assoluti, ma deve instillare nel lettore il seme del dubbio, della riflessione acuta, anche facendolo 'incazzare' per le cose che scrive.

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