martedì 16 febbraio 2010

Libri - 'Acciaio', di Silvia Avallone

Recensione a cura di Filippo Benedetto

Acciaio
Silvia Avallone
Editore: Rizzoli
Collana: La Scala
data uscita: 2010
pagine: 368
prezzo: 18,00 euro


Non capita spesso, specialmente di questi tempi, leggere romanzi ambientati in realtà operaie o suburbane. Non capita, per la verità, tanto frequentemente nel panorama letterario italiano odierno. Quando, però, l'occasione si fa reale opportunità e ti capita tra le mani un libro del genere non puoi far altro che pensare '... ma allora esiste ancora il neorealismo in letteratura!'. Capita, come se non bastasse, che sia proprio una giovane scrittrice a farti pensare che non tutto sia perduto per questo filone romanzesco. Questa breve ma doverosa introduzione, mi è sembrata ideale per sintetizzare la sensazione 'a caldo' provocata dalla lettura di questo intensa prima prova della ventiseienne Silvia Avallone che, con 'Acciaio' (Rizzoli Editore, Collana La Scala, 2010) si è felicemente imposta all'attenzione della critica.
'Acciaio' è un romanzo duro, penetrante, ricco di suggestioni visive che sembrano ripescate da vecchie pellicole pasoliniane o, per azzardare un'altro illustre paragone, desichiane. Non può, del resto, che saltare alla mente il paragone con le succitate celebrità leggendo le intense pagine laddove viede vividamente descritto l'ambiente nel quale si svolgono le vicende delle protagoniste di questo romanzo: casermoni sudici di una periferia urbana molto simile alla Magliana dei 'ragazzi di vita' (Pasolini) o agli 'sciuscià' (Vittorio De Sica). Anna e Francesca, quattordicenni cresciute più in fretta per via delle insopportabili condizioni in cui sono costrette a vivere, sono l'ideale parente moderno di quell'epopea letteraria e filmica che aveva reso grande agli occhi del mondo il neorealismo.
Ed in effetti la lotta che esse conducono per sopravvivere, con il cinismo e la volontà che contraddistingue questa guerra della sopravvivenza (condotta con tutti i mezzi, uso della propria bellezza incluso), in 'Acciaio' viene raccontata senza usare fraseggi narrativamente aulici, ma intrisi di verismo popolare. La Avallone con questa sua prima opera non si dimostra per nulla una scrittrice alle prime armi. Tutt'altro. Sembra che la giovane scrittrice, seguendo quella che dovrebbe essere la regola cardine di questo mestiere, voglia scrutare un po' più in là della quotidianità delle due ragazzine, per raccontare l'Italia, o meglio un pezzo dimenticato del nostro Paese, attraverso la descrizione minuziosa di pensieri grandi e piccole meschinità, illusioni collettive e speranze frantumate: insomma di quella classe operaia che non c'è più e  di cui non si vede, ne legge quasi più nulla, sia  nelle cronache giornalistiche che in letteratura, come al cinema.

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